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Naufragio Costa Concordia – la metafora di un modo sbagliato di concepire il turismo e l’economia.

Il ministro dell’Ambiente Clini avverte: “Questo non è turismo sostenibile, ma turismo pericoloso”, ma forse è anche qualcosa di più , è un modello di Turismo che è incompatibile con la conservazione di un bene primario e inalienabile come è il nostro ambiente naturale,  con uno sviluppo sostenibile del nostro paese, che vede solo nei grandi numeri la possibilità di creare economia. Un modello fragile e pericoloso che alla fine porta dei costi altissimi alla collettività . Il gigantismo dei numeri  serve alla “finanziarizzazione ” dell’economia turistica ,  strangola le economie locali e i piccoli imprenditori impone modelli di lavoro sempre meno garantiti. Quella del giglio è anche una tragedia dell’ uso che si sta facendo della  tecnologia, che si crede sicura ed inaffondabile nella sua luccicante fortezza galleggiante, e della globalizzazione di un personale reclutato a salari di fame nei Paesi in via di sviluppo che deve servire a basso costo e professionalità i benestanti, o gli aspiranti tali, del turismo internazionale di massa, che vivono  l’illusione del lusso su alberghi galleggianti che mostrano brandelli “pittoreschi” di mondo, sfiorandoli ma mai immergendovisi, a meno che non ci sia uno scoglio a fermarli e a trasformare il sogno, la parentesi di benessere, la sospensione della realtà a cui tutti aspiriamo, in tragedia.

Tra le molte considerazioni che si possono fare su quanto accaduto riportiamo qui dei passi di un articolo apparso sul ” Fatto Quotidiano “:

“… Il disastro di ieri mette sotto processo i grattacieli del mare (tutti, non solo la Costa Concordia): alti fino a 70 metri, come palazzi di 25 piani. La parte emersa è enormemente più grande di quella immersa. La nave è più comoda, più spaziosa, ma meno stabile. “Una nave da crociera di ultima generazione ha un raggio meta-centrico di un metro. Un decimo di una nave militare”, racconta un esperto. In pratica significa che i colossi del mare con migliaia di passeggeri hanno minore stabilità (perfino dei transatlantici di mezzo secolo fa). Dubbi che gli studiosi avanzano da anni. Non solo: una nave alta è più esposta al vento. Proprio la Costa Concordia in un giorno di burrasca del novembre 2008 urtò il molo del porto di Palermo, squarciandosi la prua.

Che differenza rispetto ai modelli del passato! La Michelangelo (uscita dai cantieri di Sestri Ponente come la Costa Concordia) era alta poco più della metà. Portava 2. 500 persone. Ma poi ha vinto il modello “americano”, studiato per croceristi a stelle e strisce. Addio alla sobria eleganza delle navi italiane, si punta sui casinò galleggianti. Bastava visitare i saloni della Costa Concordia (e delle concorrenti) per rendersene conto: ecco il salone centrale, decine di lampadari di cristallo, luci verdi, rosse e blu, specchi ovunque. Poi il centro benessere di 2. 100 metri quadrati, le 4 piscine. Le vetrate tanto vicine alla poppa e alla prua per far godere il panorama. Sulla Michelangelo era tutto diverso, doveva affrontare le onde di trenta metri dell’Atlantico.
Oggi no, le nuove navi non amano le tempeste, le evitano grazie alla strumentazione avanzata. Spiega Damonte: “Le navi da crociera rispettano norme della navigazione severe come mai. E la Costa Concordia era all’avanguardia”. Ma transatlantici e traghetti così alti rischiano di essere meno stabili delle altre navi? “Sono sicuri. È vero, il raggio metacentrico di solito va da un metro a un metro e mezzo. Petroliere e navi cisterna arrivano a sette”. Perché? “Per ragioni di comfort”. Una nave che “sente” più le onde presenta meno rischi di ribaltamento. Una corvetta militare, che ha un raggio di 10 metri, risente di rollio e beccheggio, ma difficilmente si capovolge”. Già, il comfort, ma anche il bisogno di costruire navi con saloni degni di una reggia e capaci di trasportare cinquemila persone. O si allungano o si aumenta l’altezza. E poi c’è la questione del doppio scafo, se cede il primo, resta sempre il secondo: “Nessuna nave da crociera ce l’ha”, spiega Damonte. Perché? “Toglierebbe spazio per motori e passeggeri. Ce l’hanno solo petroliere e navi cisterna, ma per evitare fuoriuscite di greggio”.

 

 

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